John Brunner: Tutti a Zanzibar
Tutta la narrativa di finzione condivide il problema di come gestire la descrizione dell'ambientazione, in modo che il lettore sappia tutto ciò che è necessario per seguire ed apprezzare le vicende, senza storidrlo od annoiarlo. Questo problema è particolarmente critico nelle opere di fantasy e fantascienza, dove l'azione si svolge in un mondo 'altro' e magari irriducibile all'esperienza quotidiana. In effetti, creare un mondo simile è parte intrinseca del piacere di scrivere: è il gusto della creazione portato al limite, no?
Il romanzo di Brunner è interessante e da leggere per un sacco di altri motivi, magari di contenuto, ma vi voglio far notare come l'autore inglese affronta il problema di cui sopra. La sua scelta (tanto inusuale da essere esplicitamente dichiarata all'inizio del volume) è di separare fisicamente le informazioni di contesto dallo svolgimento dell'intreccio, suddividendole ulteriormente in informazioni generali, che espongono frammenti delle basi culturali della società (stralci di articoli, libri, etc) e notiziari, che comunicano, in forma di titoli giornalistici, ciò che sta accadendo nel mondo contemporaneamente alla vicenda narrata. Brunner evita così il rischio di scene forzate, dove qualcuno inizia a spiegare la storia del mondo o simili (i famigerati spiegoni), offrendosi la possibilità ulteriore di giocare con gli stili.
Comunque, come già scritto, leggetelo per il contenuto e non certo per la pinzallacchera di cui sopra: imprescindibile per chiunque ami la fantascienza; notevole romanzo per tutti.
Effetti secondari: alimenta il sospetto che gli inglesi siano troppo più bravi degli statunitensi nel cercare nuove strade.
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